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L’equinozio di primavera è alle porte e la natura è pronta a rinascere

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Lunedì 20 marzo saluteremo definitivamente l’inverno per accogliere, almeno nel nostro emisfero, la primavera. Nelle ultime settimane la natura ha già cominciato a risvegliarsi: nei prati si possono scorgere narcisi e giacinti che si preparano a fiorire, violette pronte a trapuntare gli spazi verdi e le prime gemme fanno capolino tra i rami degli alberi. Insomma, il 20 marzo cade l’equinozio di primavera – per essere precisi quello astronomico, dato che per convenzione si ritiene che la primavera inizi il giorno 21.

La parola “equinozio” deriva dal latino aequinoctium e significa “notte uguale al giorno”. L’equinozio altro non è che il punto d’incontro dell’eclittica, la traiettoria apparente compiuta dal Sole, con il piano dell’equatore e, quindi, il momento in cui il Sole si trova in questo punto. Nel corso di un anno i momenti in cui questo fenomeno si verifica sono due: a marzo e a settembre. In questi due giorni le ore di buio e di luce sono le stesse, e a ogni latitudine l’equinozio di primavera è considerato un evento di straordinaria importanza a cui sono legate commemorazioni e festività.

Sham el-Nessim è una delle più antiche feste di primavera, celebrata in Egitto per accogliere l’arrivo della stagione del raccolto. Il nome significa “annusare l’aria”, un chiaro riferimento alle tiepide brezze primaverili, e, secondo alcune fonti storiche, questa festività si svolge fin dai tempi della III dinastia (2700-2630 a.C.). Un tempo, durante Sham el-Nessim venivano offerti alle divinità pesce salato, lattughe, lupini, cipolle e uova bollite per ingraziarle assicurandosi così un buon raccolto. Oggi Sham el-Nessim cade il lunedì successivo alla Pasqua copta ed è un’occasione per riunirsi con la famiglia e organizzare picnic all’aperto.

Nel mondo germanico, invece, veniva celebrata Ostara, festività che doveva il suo nome alla dea Eostre, divinità legata al rinnovarsi della vita, alla rinascita e alla fertilità, il cui culto si diffuse in tutte le zone soggette alle invasioni perpetuate dai Germani. Simboli di Eostre erano la lepre, emblema di fertilità, e l’uovo, inteso come l’embrione primordiale da cui scaturisce l’esistenza. Durante la festa di Ostara era celebrato un particolare rito che prevedeva l’accensione di un cero, simboleggiante la fiamma eterna dell’esistenza, il quale, posto nei templi dedicati alla dea, veniva spento solo all’alba del giorno seguente. Rare sono le fonti storiche pervenute in cui è menzionata questa divinità. La più importante è il De temporum ratione, un trattato del 725 redatto dal monaco anglosassone Beda il Venerabile, importante per i calcoli relativi alle date in cui cadeva la domenica di Pasqua. Nel trattato si legge: «Eosturmonath, che viene indicato come mese pasquale, era riferito a una dea di nome Eostre, celebrata in questo mese». Con la diffusione del cristianesimo, Ostara e i riti a essa associati vennero assimilati al nuovo credo: il nome di questa ricorrenza andò a indicare in lingua tedesca e inglese il giorno di Pasqua, rispettivamente chiamato Oster e Easter.

Sapevate che in Giappone l’equinozio di primavera è festa nazionale? In occasione dell’arrivo della bella stagione ricorre lo Shunbun no hi. In questa giornata i giapponesi si recano in visita alle tombe dei propri cari per ripulirle, sistemarvi fiori freschi e rivolgere una preghiera agli antenati.

 

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