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Ci sono gelati e gelati, anche quelli fatti con i distillati

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Arriva l’estate e potevamo non parlare di gelati? Lo sapevate che in Italia oltre il cinquanta per cento della popolazione dichiara di mangiare gelato fuori casa con una media di venti porzioni a stagione? Numeri da capogiro che ci conducono in un universo dalle mille varianti, dalle tante abitudini e dagli innumerevoli gusti. C’è chi ama consumarlo dopo cena, chi come merenda, chi come sostituto del pranzo (ci siamo imbattuti anche in quello per la dieta a zona) e chi ama consumarlo durante una passeggiata. C’è poi una distinzione netta tra il popolo che lo esige sul cono (e anche qui si apre una finestra sulle tipologie di coni) e chi lo consuma solo se servito in coppetta.

I tempi cambiano anche per questo settore e non serve essere degli esperti per notare che, forse a eccezione delle città a vocazione turistica, il gelato non viene più messo in mostra su montagnole capaci di sfidare la gravità, che si continua a lavorare sulla selezione e la valorizzazione delle materie prime (quelle vere) e che le gelaterie sono diventate delle vere e proprie boutique dove vivere un’esperienza non solo mordi e fuggi.

Nella pagina seguente trovate il racconto di un vero avanguardista di questo settore che ci ha svelato quale potrebbe essere il futuro del gelato.

Simone Bonini, toscano di nascita e di spirito, è da quindici anni uno dei punti di riferimento nel mondo del gelato. Il suo percorso in questo settore è iniziato infatti nel 2008 con l’apertura, a Firenze, della gelateria Carapina: in un’ambiente studiato in ogni dettaglio Bonini ha fin dagli esordi voluto raccontare il gelato rivoluzionando, con azioni forti e in un’epoca nella quale i social non erano ancora presenti, quelli che fino a quel momento erano dei capisaldi dello storytelling, anche da un punto di vista imprenditoriale.

«Mi ricordo – ci ha spiegato Bonini – le prime critiche dei clienti che si “lamentavano” del fatto che noi raccontassimo il gelato prima di venderlo. In realtà io dovevo spiegare, giusto per citare un esempio, che il mio era un sorbetto al cioccolato senza latte, panna e uovo. Per i più era un “non gelato al cioccolato”, per i cultori era invece l’essenza». Grazie a questo lavoro pioneristico anche la parte visual del gelato ha fortunatamente cambiato rotta: un tempo erano i colori accesi a dover predominare, oggi la tendenza è verso le tinte Pantone e il gelato correttamente conservato nella carapina (il vaso in acciaio che Bonini tiene tra le mani nella foto qui a destra) senza necessariamente essere messo in bellavista.

Il percorso di Bonini negli anni è proseguito con la creazione di eventi ad hoc e incontrando la ristorazione. Il gelato è quindi diventato protagonista di piatti unici. Giusto per citarne alcuni: i paccheri con gelato al Pecorino Toscano, gelato al basilico e sorbetto al pomodoro pachino presentato al Taste di Firenze nel 2009 o una tartare di carne di fassona leggermente condita con olio e pepe nero, gelato ai fagioli cannellini e gelato al rosmarino proposto in occasione dell’evento Squisito a San Patrignano nel 2011.

La fase successiva del suo percorso, quella più attuale, non vuole essere una sfida, ma una consapevolezza: il gelato non può più stare solo nel negozio, deve uscire e andare ovunque. «Mi dovrò sedere in un hotel o in un bar con una filosofia forte che mi propone un menù a base di gelato, come feci nel 2016 a Dubai con delle cene alla carta. Oggi è molto più fattibile perché le macchine, da un punto di vista tecnologico, ci vengono in aiuto nella produzione. Ci saranno meno colore e messaggi evocativi, più racconto specifico, dialogo con le materie prime della zona e in abbinamento con un determinato prodotto».

E sull’utilizzo di distillati nel gelato?

C’è un errore di fondo in cui spesso spesso si incorre: «Un gelato al distillato proposto in gelateria oggi è fuori luogo. Ci potranno essere clienti che lo assaggiano, ma è quasi certo che poi opteranno per i gusti classici. Va quindi assolutamente contestualizzato in un bar o in uno speakeasy: qui mi aspetto che mi venga proposto un sorbetto al Negroni e meno un gelato alla nocciola. Ho precisato “sorbetto” perché è a base di acqua o ghiaccio. Se ci fosse la parte grassa non legherebbe con lalcol e, con molta probabilità, per chiamarlo “gelato” servirebbero degli aromi al posto della materia prima in purezza».

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